Un mese fa, il 22 novembre, il Messinese Tirrenico veniva sconvolto dalla terribile alluvione che provocava 3 vittime a Saponara e danni ingentissimi a Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo e altri centri del versante tirrenico della provincia. Dopo un mese, la Redazione di MeteoWeb vuole ricordare quel tragico evento con una testimonianza inedita e un’analisi approfondita di quanto accaduto. Per non dimenticare.
Il drammatico racconto di quelle ore da incubo. La testimonianza di Marco Rando.
Erano passate le 00:00 del 22 novembre scorso, esattamente un mese fa, quando su Barcellona Pozzo di Gotto, Castroreale e paesi limitrofi iniziò a piovere. Durante tutta la notte continuò a piovere, seppur a tratti, ma in modo intenso. Le allerte meteo del giorno prima per la città di Messina facevano pensare a tutto, tranne a quello che poi successe realmente, infatti su Messina la pioggia fu poca se non assente del tutto e soltanto alcuni appassionati di meteorologia della città di Barcellona Pozzo di Gotto avevano intuito qualcosa, ai quali venne il pensiero del rischio di un altro 8 Dicembre 2008, in quanto visualizzando i modelli e le varie variabili meteorologiche e notavano che non facevano sperare nulla di positivo e che tutto quello che era previsto nel Messinese poteva invece riversarsi sulla città del versante Tirrenico della provincia.
Arrivò il mattino e alle 09:00 soltanto guardando i dati delle stazioni locali e quelli dell’idrografico, si capiva che ci si trovava nuovamente di fronte ad un fenomeno simile a quello dell’8 Dicembre 2008; passate le 09:00 su Barcellona, Castroreale e paesi limitrofi, il maltempo tendeva ad acuirsi sempre di più, con fulmini e saette che cadevano sulla città ad un ritmo frenetico con aumento dell’intensità della pioggia sempre più significativo; alle ore 10:00 iniziava a salire la preoccupazione per la tenuta dei principali torrenti “Longano” e “Idria”, nel frattempo già arrivavano segnalazioni agli organi competenti di allagamenti e frane sparse, sia in città che sui paesi di montagna, e le scuole venivano evacuate di fretta e furia soprattutto quelle presenti sulla copertura del torrente “Longano”. La situazion, insomma,e iniziava a farsi più critica di 3 anni fa … Il torrente Longano a Barcellona Pozzo di Gotto Alle 11:00 Barcellona risultava quasi isolata, in quanto era stata chiusa pure l’autostrada nel tratto Barcellona–Milazzo per allagamenti, dalla strada nazionale non si riusciva a raggiungere la città causa esondazione delle Saie nel comune di Meri, che si sono letteralmente riversate in strada trascinando fango e qualsiasi altra cosa incontravano sul loro percorso.
Chiusa pure la Strada Statale 113 per frana, la città era completamente irraggiungibile da ogni direzione. Nel contempo continuava a piovere senza sosta e i dati di pioggia salivano in modo veramente straordinario ma allo stesso tempo molto preoccupante, soprattutto vedendo che pioveva sempre di più a Castroreale, alle spalle di Barcellona Pozzo di Gotto: tutta quella pioggia sarebbe scesa a valle riversandosi nel torrente Longano. Passarono 30 minuti e alle 11:30 già la città era nel caos più totale e giungevano notizie che il torrente Longano era straripato nel punto in cui inizia ad essere coperto. L’acqua e il fango scorrevano sopra la copertura del torrente arrivando fino alla struttura comunale della stessa, in cui venivano disposti sacchi di sabbia per poter evitare che il flusso di acqua e fango potesse percorrere vie traverse e quindi interessare quasi tutto il centro città. Contemporaneamente si disponeva la chiusura di tutte le strade che potessero portare alla copertura di tale torrente, che percorre verticalmente gran parte della città (nello specifico, quando non c’era la copertura, divideva la città in due parti: Barcellona e Pozzo di Gotto). Dalle giunture del ponte si innalzavano degli spruzzi di acqua con forte pressione, segno che il torrente non ce la faceva più a trattenere tutta quell’acqua che scorreva e che da un momento all’altro pareva voler esplodere. Fu una mattinata interminabile e ancora il tempo non sembrava dar segni di miglioramento, anzi peggiorava sempre più e il cielo si chiudeva nuovamente e tornavano fulmini e pioggia. Barcellona Pozzo di Gotto dopo l'alluvione Alle 12:30 circa arriva la segnalazione, seguita poi da foto , del crollo di un ponte alla foce del Longano , precisamente a Calderà. Per fortuna nessuno in quel momento passava su quel ponte quando una delle colonne portanti ha ceduto a causa della forza del flusso d’acqua e fango; a Barcellona Pozzo di Gotto era il panico totale, dato che il flusso di acqua e fango che scorreva nel Longano s’innalzava sempre più senza sosta, d’altronde in montagna continuava a piovere e questo non faceva sperare nulla di positivo. Verso le 13:30 la situazione peggiorava ulteriormente, perché oltre ad acqua e fango cominciavano a scorrere nel torrente dei tronchi di albero piuttosto grossi e lunghi, alcuni con tutta la radice, sicuramente causa di alcune frane a monte che si sono riversate nel letto del torrente scendendo sino a valle; questi tronchi arrivati nel punto in cui il Longano inizia ad essere coperto, si schiantavano nelle ringhiere, che dividevano la copertura del torrente con la parte scoperta.
Alle 14:00 sotto un’incessante pioggia, il Longano aveva raggiungo gli argini lateralmente, ma senza superarli, il problema era che nel punto in cui inizia la copertura del torrente il flusso d’acqua, fango e tronchi, essendo più alto andava straripando in strada o sbattendo sulle ringhiere che non hanno retto a lungo e sono state letteralmente sfondate all’ennesima ondata di piena giunta in città. L’acqua, il fango e i tronchi iniziarono ad uscire sempre più riversandosi nelle vie e non bastarono più i sacchi di sabbia messi per non permettere al torrente di interessare le vie principali della città; purtroppo alle 14:30 circa Barcellona Pozzo di Gotto si ritrovava come moltissimi anni fa quando la copertura del Longano non esisteva; il torrente straripato ormai percorreva tutta la strada che occupava molti decenni fa, allagando strade, invadendo negozi, case e locali vari, apportando danni di grossa entità, per fortuna solo a cose e non a persone. Barcellona Pozzo di Gotto: un bambino spala il fango sorridendo. E' la più bell'immagine di questo post-alluvione Verso le 15:30 circa giungevano notizie che pure il torrente Idria si era innalzato cosi tanto da superare più di un ponte, ma per fortuna molti di questi ponti hanno retto strutturalmente alla furia dell’acqua, anche se riportando danni alle ringhiere.
Alla foce del torrente Idria veniva bloccato il passaggio sul ponticello per il rischio che potesse crollare da un momento all’altro e con la chiusura di tale passaggio Barcellona Pozzo di Gotto è rimasta per un po’ di ore isolata dai paesi limitrofi. Per fortuna verso le 16:00 circa la pioggia andò a diminuire d’intensità e usci pure uno spiraglio di sole, il tempo con il passare dei minuti andò a migliorare sempre più, ma arrivava la sera e Barcellona Pozzo di Gotto, si presentava sotto assedio, con fango ovunque. In alcune vie il fango raggiungeva quasi il primo piano dei palazzi, scantinati allagati, macchine accatastate in alcune vie una sopra l’altra come fossero macchinine giocattolo, danni inverosimili, gente che ha perso le proprie abitazioni oltre i negozi dove portavano avanti un attività, costruita con i sacrifici di una vita. Da segnalare anche la gravissima situazione della frazione di “Pozzo Perla” sempre nel territorio di Barcellona. In conclusione a fine giornata si potevano tirare le somme, oltre che dei danni, anche dei dati di pioggia veramente eccezionali, ma forse dopo 3-4 anni che in questo periodo si ripetono certi eventi di tale portata, non lo sono cosi tanto poi come lo poteva essere la prima volta, l’8 Dicembre 2008.
E’ chiaro che bisogna attivarsi e portare avanti con i fatti la teoria della prevenzione soprattutto sui torrenti, perché purtroppo nessuno potrà mai dire che “son succederà più”. Ad un mese dal catastrofico evento, che purtroppo provocò anche dei morti nel Comune di Saponara, le città si stanno riprendendo con molta fatica, ma lo stanno facendo con le loro forze. A Barcellona ci sono molte iniziative per raccogliere fondi per le persone che hanno subito dei gravi danni, ma anche il giorno dopo a spalare il fango di qualsiasi casa c’era gran parte del Paese, che ha dato un grande esempio di solidarietà e di appartenenza a una comunità. E’ questo il calore della nostra terra che fa sì che ci si aiuti l’uno con l’altro: solo così questa città potrà tornare a splendere come prima del 22 novembre.
Cosa è accaduto in quella drammatica giornata? L’analisi tecnica di Daniele Ingemi.
Ancora una volta è toccato al messinese e ancora una volta ci troviamo qui a raccontare le cronache di un nuovo disastro che ha messo in ginocchio un intero territorio, cagionando una enorme quantità di danni e purtroppo anche tre vittime ormai accertate nella frazione di Scarcelli, nel comune di Saponara, a seguito di un grosso smottamento caduto sul centro abitato. L’evento, anche stavolta come nel 1 Ottobre 2009 (Scaletta-Giampilieri), è stato davvero eccezionale. I dati delle varie stazioni di rilevamento sparse sul territorio parlano da soli, non bisogna essere degli esperti in materia per capire che quando cadono la bellezza di circa 300-400 mm d’acqua in meno di 12 ore il disastro, purtroppo, è assicurato.
Solo nella serata di ieri, quasi a fine evento, nel paese di Castroreale, poco sopra Barcellona Pozzo di Gotto, il pluviometro della locale stazione segnava un quantitativo record di 381 mm di pioggia, davvero impressionante. Notevolissimi anche i 308 mm archiviati a Spadafora, i 218 mm di Torregrotta o i 208 mm caduti a Barcellona Pozzo di Gotto, nella parte più settentrionale della città del Longano. Si tratta di una autentica valanga d’acqua che si è riversata tutto di un colpo sopra i rilievi e le vallate che bordano i Peloritani meridionali. Stando a questi dati, lungo la fascia pedemontana dei Peloritani occidentali, stimiamo che siano caduti oltre 400 mm d’acqua, con picchi prossimi o di poco superiori ai 450 mm (quantitativi quasi simili a quelli registrati a Genova durante l’alluvione delle scorse settimane) lungo la cintura montuosa che circonda l’abitato di Castroreale, li dove si trovano i principali crinali dei monti Peloritani. Tutta quest’acqua si è poi riversata a valle tramite le ondate di piena dei principali torrenti, in particolare il Longano, il Mela e il Patrì, che non sono stati in grado di reggere all’enorme quantità d’acqua caduta in cosi poco tempo, esondando in più punti. Per iniziare a capire le dinamiche di un tale fenomeno bisogna inquadrare attentamente la conformazione morfologica di un territorio, come quello messinese, cosi complesso e articolato dal punto di vista orografico.
Proprio il fattore orografico alle volte, in particolari situazioni meteorologiche, può dare luogo a dei fenomeni dinamici di grande interesse scientifico, nel campo della fisica atmosferica (proprio per questo è un compito arduo azzeccare una previsione meteo per le singole località). L’effetto “Alcantara-Agrò”; uno dei fattore determinante dell’evento alluvionale che ha sconvolto il messine tirrenico Sembrerebbe un paradosso, eppure in determinate circostanze, quando la dorsale peloritana viene sferzata da possenti flussi sciroccali (con raffiche fino a 120-130 km/h sui crinali), derivati da grandi differenze di pressione fra il basso Tirreno e lo Ionio, sono proprio le zone del messinese tirrenico ad essere flagellate da precipitazioni persistenti che possono divenire persino torrenziali, mentre il versante ionico della provincia, che in teoria dovrebbe essere quello maggiormente esposto all’aria caldo e umida convogliate dallo Scirocco, rimane quasi a secco, con qualche fulmineo rovescio di pioggia misto a sabbia desertica (lo Scirocco ne trasporta sempre un bel quantitativo dal Sahara algerino o libico).
Proprio in questa zona si accende una dinamica di correnti molto particolare che favorisce l’afflusso di enormi quantità di umidità e vapore acqueo, pronto alla condensazione e allo sviluppo di compatti addensamenti nuvolosi pronti a dare la stura a precipitazioni alle volte abbondanti. Su tutto un ruolo determinante lo gioca la componente delle correnti, sia in quota (quindi sopra i crinali montuosi) che nei bassi strati (lungo le strette vallate). Quando la componente assume una direzione da S-SE o SE, sia in quota che al suolo, allora il gioco è fatto. Qui poi entra in scena la vallata dell’Alcantara, e in misura minore pure la val d’Agrò, dove scorrono gli omonimi corsi d‘acqua. Molto spesso, quando le correnti si orientano da SE a tutte le quote (nella medio-alta troposfera), l’aria molto umida e pesante che sale dallo Ionio verso il versante orientale di Etna e i Peloritani, in parte, si incanala all’interno dell’Alcantara e della valle d’Agrò, penetrando per chilometri fino all’entroterra.
L’aria molto umida, di provenienza ionica, incanalandosi dentro le strette vallate ioniche, fra Etna e Peloritani, è costretta a valicare i primi comprensori montuosi, che rappresentano il versante meridionale della dorsale nebroidea. Per una forzatura orografica la massa d’aria molto tiepida e carica di umidità viene costretta a sollevarsi verso l’alto lungo la parte più alta del bacino dell’Alcantara. Salendo di quota tenderà a raffreddarsi favorendo la condensazione del vapore acqueo e il successivo sviluppo di imponenti annuvolamenti cumuliformi (Cumuli, Congesti, Cumulonembi) lungo il crinale esposto a sud. La presenza in quota di una forte getto meridionale, in genere o da Sud o Sud-ovest, che scorre a gran velocità sopra la catena montuosa, va ad esaltare le cumulogenesi orografiche che si vengono a formare in loco (tra il versante nord dell’Etna, il sud dei Peloritani e il sud dei Nebrodi) fino al punto da farle tracimare sull’altro versante, ossia quello che si affaccia al Tirreno. Se l’umido flusso sciroccale che si incanala sull’Alcantara persiste per ore il continuo afflusso di aria umida marittima che viene sbattuta sul versante meridionale dei Nebrodi contribuirà ad alimentare la crescita degli addensamenti nuvolosi che diverranno sempre più compatti e sviluppati, al punto da dare la stura a piogge di moderata o forte intensità che rimarranno persistenti fino a quando non si rompe questo delicato equilibrio che si instaura fra i due versanti nebroidei (basta un calo della ventilazione per annullare gli effetti o far concentrare le precipitazioni solo sui versanti meridionali dei Nebrodi e monti Peloritani).
Alle volte sono proprio i rilievi, al confine tra Peloritani e Nebrodi, che superano anche i 1000-1200 metri, ad agevolare la costruzione di grandi annuvolamenti cumuliformi che si espandono sino al longano e alla pianure del milazzese portando piogge e rovesci, sotto le sferzanti raffiche di Scirocco e Ostro che scendono dai rilievi circostanti. Tale dinamica, meglio nota come “effetto Alcantara-Agrò” (dal nome delle omonime vallate che lo producono), già responsabile dell’alluvione dell’11 Dicembre 2008 (Falcone, Barcellona..), si è riproposta nei minimi dettagli anche nella giornata di ieri, pur con delle differenze in merito all’estensione dell’area vulnerata dai fenomeni estremi e alle zone interessate da essi. L’evento alluvione del Dicembre 2008 interessò, allora, un’area molto più vasta che andava dai comuni della valle del Mela, a Barcellona e alla cittadina di Patti, con epicentro delle devastazioni proprio nel comune di Falcone che rimase seriamente danneggiato dalle esondazioni dei torrenti. Stavolta il discorso è un po’ diverso. La fascia colpita riguarda tutto il comprensorio tirrenico orientale che va da Barcellona Pozzo di Gotto (non per caso la città del Longano rimane sempre colpita da questi eventi estremi visto che si trova sulla “scia” dei flussi sciroccali in uscita dalle valli d’Agrò e l’Alcantara) ai comuni di Saponara, Monforte, Venetico, Villafranca tirrena, fino al confine con le frazioni più settentrionali del comune di Messina, da Ortoliuzzo a Rodia e S.Saba, investite dalla serata successiva dalla coda del pericoloso temporale autorigenerante a V, in allontanamento verso il basso Tirreno e la Calabria centro-meridionale. Infatti sono state queste le aree duramente sferzate dalla violenza del sistema temporalesco a mesoscala che ha indugiato per quasi 10 ore di fila, mantenendo il proprio vertice (la zona dove si concentrano i fenomeni più estremi e persistenti) tra i monti Peloritani centro-meridionali e le vallate del Longano e del Mela. Questo graduale spostamento dei fenomeni temporaleschi più estremi verso nord-est (da Castroreale, Barcellona, Milazzo verso Rometta, Saponara, Monforte e Villafranca) è stato causato dalla risalita del ramo secondario della corrente a getto, che scorreva in alta quota (tra i 500 e i 300 hpa) sopra il comprensorio etneo-peloritano. La fortissima corrente a getto, disposta da sud-ovest/nord-est, ha toccato la struttura temporalesca che nel frattempo, fra la tarda mattinata e il primo pomeriggio prendeva sempre più vigore nel versante sottovento al crinale dell’Etna e dei Peloritani meridionali, favorendo una sua decisa inclinazione verso il milazzese e l’area tirrenica, fino alle frazioni più settentrionali del comune di Messina. In questa situazione l’ammasso temporalesco ha assunto piene caratteristiche autorigeneranti (stazionario), essendo rifornito di continuo da masse d’aria tiepide, molto umide e instabili, provenienti dal mar Ionio, e sospinte a gran velocità dall’impetuoso Scirocco che ha battuto i crinali dei Peloritani, con raffiche prossime ai 90-100 km/h. Non per caso il vertice del sistema temporalesca a mesoscala, li dove si concentrano i fenomeni temporaleschi estremi, è rimasto per varie ore pressochè stazionario sopra la dorsale peloritana e l’area del longano, dove si sono scatenati gli eccezionali diluvi monsonici che hanno poi inondato la valle del Mela e le zone limitrofe, con un successivo interessamento dei comuni di Saponara, Monforte, Venetico e Villafranca tirrena, dove il temporale ha sfogato tutta la sua energia, a suon di piogge molto fitte accompagnate da fulminazioni a fondo-scala (una fulminazione al secondo), prima di spostarsi tra il basso Tirreno e le coste calabresi del reggino, vibonese e catanzarese, risalendo verso nord-est sotto la spinta del forte getto da sud-ovest.
Il forte “Jet Stream” in quota ha determinato pure un notevole “Wind-Shear” lungo le coste tirreniche della Sicilia nord-orientale, ulteriormente esaltato anche dalla presenza nei bassi strati di un impetuoso flusso sciroccale, da S-SE o E-SE lungo il Tirreno, in uscita dallo stretto di Messina, dalle vallate dei Peloritani settentrionali e dai rilievi calabresi. Questo particolare assetto dei venti al suolo (spesso dovuto a forzature orografiche locali) ha acceso i contrasti, agevolando la formazione di locali linee di convergenza venti (in mare) alle varie quote che hanno continuato a fornire un ottimo carburante alla convenzione in tutta l’area. Ciò può spiegare anche l’incredibile tempesta elettrica, con circa 1-2 fulmini al secondo, che ha accompagnato il devastante fenomeno temporalesco.